05/09/13

democrazia illiberale


La prima volta che ho letto sul concetto di “democrazia illiberale” era un articolo nel Washington Post di Jocelyne Cesari, ricercatrice della Havard. Questa signora disidrata la democrazia del suo contenuto e storia e la trasforma in un banale sistema di scelta di governanti. Nelle “democrazie illiberali,” la maggioranza s’impone dal voto e, se necessario, schiaccia le minoranze negando, così, il fondamento che ha fatto della democrazia occidentale un regime politico superiore a qualunque altro che il mondo abbia provato: la protezione per le minoranze. L’elezione è una condizione necessaria per la democrazia, ma non è condizione sufficiente, così evidente nell’Iran che è una dittatura teocratica. Morsi, in Egitto, era stato eletto con il compromesso di fare un governo laico, rispettando le minoranze. Non ha agito in questo modo, e la logica impone che non si può essere tollerante con l’intolleranza, che non si può essere democratico con chi usa le risorse democratiche per distruggere il proprio sistema che gli ha permesso il potere.

Democrazia non è una sostanza, una cosa, ma una qualità che si prova a dare a una sostanza già esistente, vale a dire, la società. La democrazia non è una quantità fissa, ma una proporzione e per questo non può essere illiberale, integrale, relativa o assoluta. La democrazia è costituita nella sua essenza da una limitazione mutua tra i potere, sottintende che questi poteri esistano. La democrazia non è un principio universale, ma un accordo pragmatico. I principi universali possono essere applicati “ad infinitum” senza cadere in contraddizione, come per esempio la nozione che la responsabilità di un atto incombe su chi lo attua, non su un’altra persona. Si può applicare questo principio senza mai cadere in un paradosso. Con la democrazia è impossibile, essendo un accordo pragmatico, portare i suoi designi oltre il suo campo di attuazione perché così facendo questi si distruggono o si trasformano nel suo contrario. Esempio: L’autoritarismo delle masse. Il caso dell’Islam è che loro sono per lo stato teocratico, non è la democrazia che difendono. Nazioni che obbediscono a comandi di chi si presenta come interprete dell’ordine divino non hanno come occuparsi delle domande legittime e plurale della società nemmeno possono accettare le divergenze perché effettivamente i cittadini non possono discutere com Dio. 

Silvio D’Amico