06/04/12

Il suicidio

Il suicidio di un essere umano, sia esso un monaco buddista nel Tibet o un imprenditore italiano, è sempre una manifestazione disperata di un individuo. Questa disperazione individuale non può essere strumentalizzata in favore di una rivendicazione comunitaria. Il Dalai Lama dovrebbe orientare le parole nel dissuadere il suo popolo di bruciarsi, invece di argomentare con i cinesi sulla libertà dei tibetani. Il suicidio non è un atto di protesta perché non prevede una risposta e sempre é una soluzione definitiva ad un problema che dovrebbe essere temporaneo. Il suicidio va rispettato in silenzio. I politici italiani manipolano i fatti in cause populiste invece di riconoscere e dimostrare la propria colpa nella disperazione interiore di ogni cittadino di fronte ai problemi della struttura sociale. Il suicidio è sempre motivato da una somma infinita di fattori, non da una causa specifica. Più un dolore è determinato e preciso, più l'istinto della vita viene avanti e sorpassa l’idea del suicidio.
In genere non è in un eccesso di ragione che ci si ammazza.



Silvio D’Amico